P-242 | |
propulsore a frammenti di fissione | |
Questo progetto si colloca nell'ambito dell'esperimento, con finalità di ricerca pura, Tarc avviato nel 1996 al protosincrotrone dell'Organizzazione (già Centro) Europeo per le Ricerche Nucleari di Ginevra (Svizzera). Terminata la fase progettuale dell'Amplificatore di Energia, anche questo reso possibile dall'esperienza Tarc, Carlo Rubbia iniziò il progetto di un innovativo propulsore basato sulla fissione nucleare di un isotopo dell'americio (americio 242). In un seminario tenutosi al Cern nell'agosto 1998, Rubbia presentò alla comunità scientifica la propria creazione ultimata, almeno su carta. Il progetto per lo sviluppo del propulsore a frammenti di fissione verrà in seguito chiamato Progetto 242 (P-242) dal team dell'Agenzia Spaziale Italiana che, in collaborazione con l'European Space Agency (ESA) ne ha avviato la fase di sviluppo pratica.
Principio di funzionamento
Innanzitutto il motore non presenta alcuna parte in movimento, il che aumenta
di molto l'affidabilità. Si tratta infatti di un grande tubo internamente
ricoperto da una pellicola di combustibile nucleare, spessa un millesimo di
millimetro, in grado di raggiungere immediatamente le condizioni per la fissione.
La fissione nucleare viene indotta con il metodo classico del bombardamento
di neutroni che, colpendo il combustibile nucleare all'interno del tubo, spacca
i nuclei atomici del combustibile emettendo i frammenti di fissione da cui il
motore prende il nome. Da qui in poi si aprono due alternative (tante ne sono
state presentate) per impiegare con la massima efficienza i frammenti di fissione:
la prima è quella di impiegare direttamente i frammenti nella propulsione,
la quale richiede però mezzi tecnologici di cui oggi non disponiamo.
La seconda e più promettente sarebbe quella di condurre, tramite gli
oltre 500.000 gradi raggiunti nella reazione nucleare, un gas (candidato ideale
sarebbe l'idrogeno) al "quarto stato d'aggregazione della materia".
In altre parole ionizzare fortemente il gas in modo da farlo diventare plasma.
Quest'ultimo verrebbe poi sospinto fuori dal razzo creando la notevole spinta
propulsiva (quasi dieci volte quella attuale!).
Uno dei problemi tecnici principali nella realizzazione del Motore a frammenti
di fissione, è quello che «...nessun recipiente fisico resisterebbe
a così alte temperature...»1 come sostiene lo stesso Rubbia in una intervista rilasciata poco dopo il seminario al Cern. La soluzione è di guidare il plasma tramite
forti campi magnetici: la tecnologia per fare questo è già disponibile ed è su questa che attualmente si basano i reattori sperimentali per lo studio della fusione nucleare a confinamento magnetico.
L'equipaggio sarebbe protetto dalle radiazioni prodotte dalla fissione, comunque inferiori a quelle delle particelle del vento solare, da «schermi di un composto di boro e carbonio»2 e la reazione di fissione si potrebbe interrompere, come in un qualunque reattore a fissione nucleare, tramite le barre di controllo (che assorbono i neutroni).
Il propulsore sarebbe adatto solo a viaggi all'esterno dell'atmosfera, poiché produce una spinta modesta rispetto ai tradizionali propulsori chimici ma prolungata nel tempo e con velocità di uscita dall'ugello molto maggiori.
L'astronave, progettata innanzitutto per raggiungere Marte, avrebbe le dimensioni
di un aereo Jumbo. Potrebbe essere assemblata in orbita presso la Stazione Spaziale
Internazionale poiché il progetto del motore permette la divisione dell'astronave
in più moduli, lanciabili nello spazio da vettori ed i tempi differenti.
Sarebbe una astronave riutilizzabile, «140 tonnellate tra astronave e
carico utile, spinte da appena 110 tonnellate di motore e propellente»3
contro il rapporto combustibile/carico utile di 280/1 dei propulsori chimici
tradizionali per la medesima missione per Marte.
Con i propulsori chimici attuali praticamente tutto il combustibile verrebbe
utilizzato per lasciare la superficie dei pianeti mentre la spinta verso Marte
e ritorno sarebbe garantita dalla traiettoria di Hohman, «una specie di
ellittica che ha la Terra come semiasse inferiore e Marte come semiasse superiore»3.
Questo renderebbe il viaggio di andata e poi quello di ritorno lunghi rispettivamente
259 giorni, più i 453 giorni di permanenza obbligata sul pianeta rosso
per aspettare la successiva congiunzione con la Terra, condizione indispensabile
per il ritorno2. «Mentre
gli astronauti in orbita attorno alla Terra sono protetti dal campo magnetico
terrestre (le famose fasce di van Allen), i viaggiatori marziani sarebbero alla
mercé del vento solare e assorbirebbero una quantità di radiazioni
simile a quella dei primi soccorritori a Chernobyl» spiega Rubbia1.
Con il propulsore a frammenti di fissione entrambi gli inconvenienti, durata
del viaggio e permanenza, sarebbero superati. La missione per Marte durerebbe
al posto che due anni e mezzo solamente un mese circa e si aprirebbero affascinanti
possibilità di esplorazione del sistema solare, ma gli obiettivi potrebbero
anche essere più remoti. Per raggiungere Alfa Centauri, la stella più
vicina al nostro sistema solare, occorrebbero ad una sonda equipaggiata con
questo propulsore 200 anni contro gli 82000 delle sonde classiche come il Voyager
o il Pioneer2.
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1
, Prossima destinazione pianeta Marte, "la Repubblica", 29/08/1998, p. 33
2
, È partito il Rubbia Express, "Newton", Novembre 1998, p. 86
3
http://www.aerospazio.it
Sito dell'Agenzia Spaziale Italiana sul Progetto 242